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Assicurazione postuma decennale costruttore

Assicurazione postuma decennale costruttore

Il costruttore in virtù di specifico decreto disposto dalla legge, possiede l’obbligo di eseguire a favore dell’acquirente un’assicurazione postuma decennale, che servirà come garanzia in caso di deterioramento riguardante l’immobile oppure nell’eventualità di lesioni inerenti a terzi.


L’assicurazione postuma decennale costruttore è disciplinata da una serie di disposizioni, risulta davvero utile e interessante conoscere quelle che sono le principali regole poste alla base di tale garanzia.

Dalle notizie che emergono, è importante riportare la segnalazione compiuta da Confedilizia che indica l’importanza di richiedere, a proposito della garanzia postuma decennale costruttore, che la copertura non si limiti a semplici dettagli riguardanti la costituzione dell’edificio, ma sia decisamente più vasta, fino a comprendere anche dettagli che possono sembrare di poca importanza.

L'assicurazione decennale postuma ricopre un ampio campo di fattori.

L’assicurazione postuma decennale costruttore deve necessariamente ricoprire un campo molto più ampio dei soli fattori di genere strutturale, e offrire una garanzia in grado di procurare sicurezza anche nel caso in cui situazioni apparentemente non rilevanti, possano rappresentare un pericolo per la stabilità e l’efficienza del fabbricato.

Per tutte queste ragioni è essenziale procedere a un’accurata valutazione di ogni minimo particolare, per valutare con cura quali elementi possono rientrare tra quelli che devono essere considerati come pericolosi per la solidità dell’immobile.

Inoltre è possibile parlare di postuma decennale ristrutturazione, anche con riferimento al fatto che la garanzia deve comprendere una somma di risarcimento massimo che sia capace di provvedere alla completa ricostruzione dell’edificio.

Tali provvedimenti non dovranno in alcun modo essere posti a rischio causato da atti volontariamente compiuti dal costruttore con l’unico scopo di evitare i pagamenti previsti, oppure di arrecare danni gravi alla costruzione, compromettendone in questo modo la qualità, l’efficienza e soprattutto la funzionalità.

La previsione di tali disposizioni, lascia facilmente capire la necessità di estendere l’assicurazione anche alle conseguenze derivanti dal rifiuto o mancato pagamento del premio stabilito.   

Avvalimento la cauzione provvisoria deve essere intestata alla sola ditta avvalente futura esecutrice

Avvalimento la cauzione provvisoria deve essere intestata alla sola ditta avvalente futura esecutrice

Se lo stesso legislatore individua nell’impresa avvalente l’unico soggetto titolare del contratto di appalto, risulta allora del tutto illogico affermare che l’onere cauzionale deve gravare (anche) su un soggetto ulteriore e diverso, in ordine al quale rileva solo il rapporto interno con l’avvalente medesimo, ferma restando la responsabilità solidale ex lege dell’ausiliario nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice.

Considerato che è infondata la censura di cui al secondo motivo di gravame, alla stregua delle previsioni della lex specialis, che nulla dicono sulla presentazione congiunta della cauzione provvisoria da parte anche dell’impresa ausiliaria, e tenuto conto dei principi affermati in proposito dalla giurisprudenza, secondo i quali non vi è un obbligo di legge, al riguardo, discendente dal ripetuto art. 49 del Codice dei contratti, in cui si contempla un regime di responsabilità solidale tra l’impresa avvalente e quella ausiliaria, disponendosi inoltre che il contratto di appalto è comunque eseguito dall’impresa avvalente, a nome della quale è rilasciato il certificato di esecuzione dei lavori; sicché, se lo stesso legislatore individua nell’impresa avvalente l’unico soggetto titolare del contratto di appalto, risulta allora del tutto illogico affermare che l’onere cauzionale deve gravare (anche) su un soggetto ulteriore e diverso, in ordine al quale rileva solo il rapporto interno con l’avvalente medesimo, ferma restando la responsabilità solidale ex lege dell’ausiliario nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice (T.A.R. Veneto, I, 10 gennaio 2011, n. 12; cfr. anche T.A.R. Lazio, I, 3 dicembre 2009 n. 12455; Tar Palermo, III, 12 novembre 2012, n. 2320).

A.N.A.C: definizione, compiti e caratteristiche

A.N.A.C: definizione, compiti e caratteristiche

Che cos’è L’A.N.A.C? Perché ha sostituito l’A.V.C.P. nel compito di vigilare sul corretto funzionamento degli appalti pubblici? Le motivazioni ufficiali (ed ufficiose)

La recente apertura di indagini, quali quelle riguardanti MOSE ed Expo, ha posto l’attenzione sulla capacità delle pubbliche istituzioni di prevenire la corruzione. Pertanto, anche nell’ottica di rafforzare la legislazione relativa all’anticorruzione e la lotta a questa tipologia di reati, il Governo, con il recente decreto legge 24 giugno 2014, n.90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.114, ha scelto di far confluire l’AVCP, l’autorità preposta alla vigilanza del settore dei contratti e degli appalti pubblici, nell’ANAC, l’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Simbolo dell'ANAC (Anutorità Nazionale Anticorruzione).

L’AVCP venne istituita con la legge 109/1994 (la cosiddetta “Legge Merloni”) e, dunque, in piena Tangentopoli, con l’intenzione da parte del legislatore, di costituire un ente preposto a vigilare in un settore particolarmente soggetto ad essere colpito da fenomeni corruttivi quale quello dei contratti e degli appalti pubblici.

L’AVCP, disciplinata poi dal Codice dei Contratti Pubblici, essendo però priva di poteri realmente incisivi,recava fin dall’inizio una serie di difetti e carenze, che, col passare del tempo, la resero semplicemente un ulteriore controllore che si andò ad aggiungere a meccanismi di controllo già esistenti e più efficaci come quello esercitato ex post dal potere giudiziario.

Di conseguenza, l’AVCP non riuscì ad assumere il ruolo istituzionale per il quale era stata istituita, assumendo perlopiù compiti di consulenza e interpretativi senza però riuscire ad esercitare un ruolo efficiente ed efficace in materia di prevenzione della corruzione.
Sono stati proprio tali limiti e carenze quindi, a spingere il legislatore a decretare la soppressione dell’AVCP e, quindi, dei suoi organi, e ad attribuirne compiti, poteri e risorse direttamente all’ANAC a partire dall’entrata in vigore dell’art. 19 del d.l. 90/2014.

L’ANAC, originariamente Commissione per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche, venne istituita con la legge del 6 novembre 2012 n. 190 (“Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”) con compiti di valutazione della trasparenza delle amministrazioni pubbliche. Successivamente la Commissione, con la legge del 30 ottobre 2013, n.125 (“Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni”) assunse la denominazione di Autorità Nazionale Anticorruzione e per la Valutazione e la Trasparenza.

L’attuale composizione dell’ANAC, ai sensi del comma 3 dell’art. 13 del d. lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, è collegiale e consta in 4 membri cui si aggiunge il presidente (oggi il Magistrato Raffaele Cantone).

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Immagine di un operaio di spalle che guarda un cantiere.

Cosa prevede il D.L. 90/2014 in materia di appalti pubblici ed anticorruzione?

Il d.l. 90/2014 ha quindi stabilito che “i compiti e le funzioni svolti dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture sono trasferiti all’Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e trasparenza (ANAC)[…]che è ridenominata Autorità Nazionale Anticorruzione” (art. 19, 2°co., d.l. 90/2014).

Inoltre, il legislatore ha disposto che “Al fine di concentrare l’attività dell’Autorità nazionale anticorruzione sui compiti di trasparenza e di prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni, le funzioni della predetta Autorità in materia di misurazione e valutazione della performance, di cui agli articoli 7,10,12,13 e 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, sono trasferite al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.”

Di conseguenza, contrariamente alle intenzioni iniziali, il Governo non ha disposto alcun commissariamento, optando per l’immediata soppressione dell’AVCP e per il trasferimento immediato di tutti i poteri di quest’ultima all’ANAC, ad eccezione delle funzioni “consultive” e di “precontenzioso” che sono state attribuite invece al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Il presidente dell’ANAC Raffaele Cantone, inoltre, in qualità di Commissario straordinario dell’AVCP, incaricato della gestione della fase di trasferimento dei compiti e delle risorse all’ANAC, entro il 31 dicembre 2014, è chiamato a presentare al Presidente del Consiglio dei Ministri un piano di riordino in virtù del quale le due strutture verranno aggregate.Tale piano di riordino dovrà contemplare l’attribuzione delle funzioni di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ivi comprese quelle inerenti alle banche dati sui contratti pubblici, nonché dei poteri sanzionatori, all’Autorità Nazionale Anticorruzione;il trasferimento all’ANAC delle risorse umane, finanziarie e strumentali dell’AVCP e la riduzione, non inferiore al venti per cento, del trattamento economico accessorio del personale dipendente, inclusi i dirigenti, e delle spese di funzionamento a partire dall’1 luglio 2014 per un totale di circa 16 milioni di euro.

A seguito dell’assorbimento dell’AVCP, l’ANAC gode quindi di poteri estremamente ampi di vigilanza e intervento volti a garantire la trasparenza nell’ambito della realizzazione di opere pubbliche e a prevenire la corruzione delle imprese aggiudicatrici anche attraverso strumenti di gestione, sostegno e monitoraggio.

Più nello specifico, l’ANAC, esercita tutte le funzioni di cui all’art. 6 del Codice dei contratti pubblici ossia la vigilanza sul rispetto delle regole della concorrenza e dei principi di correttezza e trasparenza delle procedure di gara, il potere di accesso alle banche dati per lo svolgimento di indagini e istruttorie, la gestione della Banca dati nazionale sui contratti pubblici (BDNCP), contenente tutte le informazioni relative alle amministrazioni aggiudicatrici e alle gare d’appalto indette, e del sistema AVC-PASS impiegato per la verifica dei requisiti di qualificazione delle imprese partecipanti alle gare d’appalto.

Approfondimento: Cos’è la Banca dati nazionale sui contratti pubblici
Banca Dati Nazionale dei Contratti pubblici
Utilizzo del sistema AVCpass per la verifica dei requisiti.

Avviato il sistema AVCpass come previsto dalla Deliberazione n. 111 del 20 dicembre 2012 e s.m.i. Oltre al Comunicato del Presidente del 17 dicembre 2013, l’Avcp ha messo a disposizione di operatori economici e stazioni appaltanti una serie di servizi e strumenti per l’utilizzo del sistema.
Nella sezione Servizi del portale dell’Autorità, è presente un’area dedicata alla formazione da cui è possibile accedere a quattro moduli formativi sul sistema AVCpass: Registrazione e profilazione; Delibera n. 111/2012; AVCpass, nelle due componenti Operatore Economico e Stazione Appaltante. Ogni modulo formativo comprende sessioni basate su tecnologia WBT (Web Based Training), liberamente fruibili.
Tra i servizi on line sono infine disponibili i manuali per l’utilizzo del sistema AVCpass, suddivisi per utenti (operatori economici o stazioni appaltanti) ed argomenti.
Si ricorda anche che il testo della Delibera AVCpass è stato aggiornato e corredato da una relazione.

In tal modo, dovrebbero essere ridotti gli adempimenti amministrativi e gli obblighi informativi gravanti sulle imprese e sulle stazioni appaltanti e dovrebbero altresì essere garantite la trasparenza, la legalità e la correttezza dell’agire della pubblica amministrazione in modo tale da prevenire l’insorgenza di fenomeni corruttivi.

Nuovi poteri per l’ANAC

L‘ANAC, oltre a dover gestire tutto il flusso di dati necessario ad identificare eventuali anomalie nella strategia anticorruzione è stata ulteriormente rafforzata con poteri sanzionatori, di indagine e commissariamento particolarmente incisivi, precedentemente non previsti per l’AVCP.

Tali poteri, attribuiti “ex novo” all’ANAC, prevedono, ad esempio, la possibilità di richiedere a qualunque società o ente pubblico tutta la documentazione relativa ad appalti pubblici e a forniture di servizi alla pubblica amministrazione. Inoltre, in virtù di tali poteri, l’ANAC può disporre di un reparto della Guardia di Finanza per svolgere controlli, ispezioni e indagini .

In presenza di sospetti poi, l’Anticorruzione può segnalare e proporre il commissariamento di quella parte di azienda che svolge il lavoro contestato redigendo una contabilità separata.

Infine, vi è l’obbligo di segnalare all’ANAC tutte le varianti d’opera, le quali, spesso, comportano considerevoli aumenti dei costi rispetto al prezzo di aggiudicazione iniziale.

Le varianti in corso d’opera quindi, in forza della nuova disciplina, devono essere trasmesse all’ANAC, che può intervenire per impedire eventuali abusi, entro trenta giorni dall’approvazione da parte della Stazione Appaltante, al fine di evitare l’aumento vertiginoso dell’importo degli appalti ma con il rischio però che le procedure diventino ancora più farraginose. Infatti, occorre tener presente che, essendo quasi tutti gli appalti pubblici interessati da varianti in corso d’opera, l’ANAC potrebbe ritrovarsi letteralmente sommersa da questo tipo di documentazione.

Sempre nell’ottica di prevenire la corruzione, il decreto ha reso obbligatorie le “white list” presso le prefetture. Si tratta di elenchi di imprese che certificano l’assenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa negli appalti e che devono essere consultate da parte delle stazioni appaltanti per le verifiche in tal senso. Tuttavia, l’obbligatorietà colpisce i soli settori ritenuti più a rischio come, ad esempio, trasporti, noleggio o forniture di calcestruzzo e, anche in questo caso, esiste il rischio di determinare un appesantimento burocratico delle procedure di aggiudicazione degli appalti.

Da ultimo, l’autorità presieduta da Cantone coordina anche un’unità operativa composta dal personale delle Guardia di Finanza che ha il compito di vigilare sull’Expo, alla luce delle indagini recentemente aperte in merito, verificando preventivamente la legittimità degli affidamenti delle opere connesse a tale evento.

Due progettisti si confrontano all'aria aperta.

L’immediata operatività dell’ANAC

Al fine di garantire l’immediata operatività dell’ANAC, a seguito dell’attribuzione delle nuove funzioni, le attività di anticorruzione e trasparenza e le attività riguardanti la vigilanza sui contratti pubblici sono provvisoriamente gestite in maniera separata.

In particolare, per quanto riguarda le modalità transitorie di comunicazione, fino alla messa a punto del nuovo sito dell’ANAC, le comunicazioni in materia di vigilanza sui contratti pubblici e, più in generale, relative a tutte le attività svolte in precedenza dall’AVCP devono continuare ad essere inviate agli uffici e ai recapiti riportati sul sito dell’AVCP mentre le comunicazioni in materia di anticorruzione e trasparenza devono continuare ad essere inviate secondo le indicazioni contenute nei comunicati dell’ANAC.

Resta separata anche la gestione contabile per cui, le attività connesse alle funzioni trasferite a seguito della soppressione dell’AVCP sono gestite separatamente dalle attività connesse all’anticorruzione e trasparenza attraverso la predisposizione di due diversi documenti di bilancio approvati per l’anno 2014 e conseguentemente ai quali sono mantenuti due distinti conti correnti bancari, entrambi intestati all’ANAC.

La soppressione dell’AVCP

Per quanto riguarda invece le conseguenze della soppressione dell’AVCP sul piano processuale, la sezione VI del Consiglio di Stato con ordinanza datata 11 settembre 2014, n. 4630 ha disposto che il trasferimento di poteri all’ANAC non costituisce causa estintiva del processo in quanto in casi come questo non ci si trova dinanzi ad una successione a titolo universale (la quale determina l’estinzione del processo in corso al pari della morte o della perdita della capacità di stare in giudizio rendendo quindi necessaria la riassunzione del processo o la costituzione dei soggetti cui spetta il diritto di proseguirlo ai sensi dell’art. 299 c.p.c.) bensì ad un caso di “successione nel munus” contraddistinta da una stretta linea di continuità tra l’ente che si estingue e quello che subentra senza quindi che siano maturati i presupposti per aversi evento interruttivo del processo in corso.

Pertanto, tutti i processi ancora aperti e nei quali l’AVCP era parte, non sono da ritenersi estinti ma all’autorità soppressa subentra automaticamente come parte del giudizio l’ANAC.

Tuttavia, la soppressione dell’AVCP e il conseguente trasferimento di competenze all’ANAC, non sono esenti da dubbi e perplessità sebbene siano avvenuti nell’ottica della riduzione della spesa pubblica, e con l’intenzione di garantire una maggiore efficienza ed efficacia della lotta alla corruzione da parte delle istituzioni pubbliche.

Innanzitutto, occorre tener presente che la soppressa AVCP oltre a funzioni di controllo e vigilanza svolgeva anche funzioni ermeneutiche e di para-contenzioso che ora, invece, sono esercitate dal Ministero delle Infrastrutture il quale tuttavia negli anni non si è contraddistinto per aver avuto un ruolo fondamentale nell’aiutare le imprese a risolvere questioni pratiche nei rapporti con le stazioni appaltanti e nell’interpretazione della normativa in vigore, spesso caratterizzata da lacune.

Di conseguenza, sembra quindi essere destinato a venir meno l’intento disincentivante del contenzioso dinanzi ai giudici amministrativi che invece era stato promosso dall’AVCP.

Inoltre, vi è anche il rischio che il rafforzamento dell’Anticorruzione finisca per appesantire le procedure di gara, dovendo l’ANAC essere informata di ogni singola variazione in corso d’opera (che, nella pratica, interessa in realtà qualsiasi appalto pubblico) ed essendo costrette le Stazioni Appaltanti a passare attraverso la consultazione delle white list per quanto riguarda la verifica dell’assenza di tentativi di infiltrazione mafiosa all’interno delle imprese.

Tuttavia, la soppressione dell’AVCP sembra costituire un ottimo esempio di spending review avendo condotto alla creazione di un unico soggetto istituzionale tecnico predisposto alla prevenzione della corruzione nel settore degli appalti pubblici che reca in sé, da un lato, la caratura tecnica e indipendente dell’ANAC e, dall’altro, la struttura organizzativa, non pienamente messa a frutto nel corso degli anni, dell’AVCP.

Nuovo bando per la riqualificazione di impianti sportivi

Nuovo bando per la riqualificazione di impianti sportivi

Sono in arrivo mutui a tasso zero del valore di 100 milioni di euro destinati ai Comuni italiani intenzionati a riqualificare gli impianti sportivi mettendoli a norma. Tale cifra vale anche per gli impianti situati presso edifici scolastici.

Roberto Pella (vicepresidente vicario dell’ANCI) e Andrea Abodi (presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo) hanno presentato, lo scorso 24 maggio, il nuovo bando “Sport missione Comune” per il 2018 con l’intenzione di ripercorrere importanti iniziative già sperimentate in precedenza.

Manto erboso di un campo da calcio, con la lunetta del calcio d'angolo in evidenza.

Cosa prevede il bando

In termini di riqualificazione degli impianti sportivi, il Bando mette a disposizione degli Enti locali 18 milioni di euro di contributi per abbattere totalmente gli interessi di 100 milioni di euro mutui a tasso fisso in funzione di progetti necessari alla riqualificazione di impianti sportivi comunali. Sono escluse le piste ciclabili e i ciclodromi in quanto destinatari dell’iniziativa “Comuni in Pista”.

Per partecipare al Bando, i Comuni devono presentare progetti definitivi o esecutivi riguardanti almeno costruzione, ampliamento, attrezzatura, miglioramento, ristrutturazione, efficientamento energetico, completamento e messa a norma di impianti sportivi e/o strumentali all’attività sportiva anche a servizio delle scuole. È compresa l’acquisizione delle aree e degli immobili destinati ad attività sportive.

Le spese ammesse a contributo riguardano, nello specifico, lavori, opere civili e impiantistiche, spese tecniche di intervento (progettazione, direzione lavori, collaudi, diagnosi, certificazione energetica), spese per acquisto di attrezzature sportive pertinenti all’impianto e spese per l’acquisto delle aree su cui realizzare gli impianti sportivi.

L’inizio dei lavori ammessi a contributo deve avvenire entro il termine di dodici mesi dalla data di stipula del contratto di mutuo. Tali lavori, inoltre, dovranno essere portati a termine entro ventiquattro mesi dalla stipula del contratto.

Un incentivo per le attività scolastiche

Rispetto al passato, il Bando 2018 per la riqualificazione di impianti sportivi ammette anche lavori riguardanti strutture al servizio delle scuole.

Nello specifico, si fa particolare riguardo al cofinanziamento a carico degli enti dei mutui di provvista BEI a totale carico dello Stato nell’ambito del “Piano triennale di Edilizia Scolastica relativo al periodo 2018-2020”, con inclusione dell’acquisizione delle aree e degli immobili adibiti ad attività sportive.

Ripartizione delle risorse

La suddivisione dei fondi avverrà secondo tripartizione: un terzo andrà agli interventi realizzati dai Comuni con fino a 5.000 abitanti (importo massimo complessivo di 2 milioni); un terzo andrà ai Comuni non capoluogo con non più di 100mila abitanti, Unioni di Comuni o Comuni in forma associata (importo massimo complessivo di 4 milioni); un terzo per Comuni capoluogo, Città Metropolitane e Comuni con più di 100mila abitanti (importo massimo complessivo di 6 milioni).

La durata massima dei mutui è pari a 15 anni. In caso di mutui più longevi fino ad un massimo di 25 anni, il contributo concesso a totale abbattimento della quota interessi si calcolerà su un massimo di 15 anni e sarà distribuito in egual misura sull’intera durata del piano di ammortamento. Eventuali quote non utilizzate verranno ripartite proporzionalmente tra altre classi demografiche o tipologie di ente sulla base delle richieste pervenute in eccedenza.

Come presentare l’istanza

Per presentare le istanze, queste dovranno essere trasmesse tramite PEC (posta elettronica certificata) all’indirizzo e-mail icsanci2018@legalmail.it. Le istanze dovranno essere presentate a partire dalle ore 10 di giovedì 5 luglio 2018 ed entro le ore 24 del 5 dicembre 2018.

Ogni istanza deve riguardare un solo progetto o lotto funzionale, oltre ad essere accompagnata da apposita documentazione tecnica (relazione illustrativa, computo metrico estimativo, quadro economico di spesa).

Servizi di Ingegneria e Architettura: pubblicate le nuove Linee guida ANAC

Servizi di Ingegneria e Architettura: pubblicate le nuove Linee guida ANAC

Con delibera 21 febbraio 2018 n. 138, l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha reso note le nuove Linee guida sui servizi di ingegneria e architettura.

L’aggiornamento si è reso necessario al fine di adeguare le precedenti L.G. (del. n. 973 del 14 settembre 2016) alle modifiche apportate al Codice degli Appalti dal D.Lgs. n. 56 del 19.4.2017 e di tenere conto delle osservazioni pervenute dalle stazioni appaltanti e dai professionisti nell’ambito dell’ultima consultazione pubblica. Nell’ottica di tendere all’adozione di testi unici integrati, organici e omogenei per materia, l’ANAC ha inoltre ritenuto opportuno recepire all’interno delle Linee guida anche i chiarimenti forniti con il Comunicato del Presidente del 14 dicembre 2016.

Immagine dall'alto del lavoro di un progettista.

Le nuove linee guida dell’ANAC

È stato innanzitutto ampliato l’ambito oggettivo dei servizi attinenti all’ingegneria e all’architettura di cui all’art. 3, comma 1, lett. vvvv, nel cui novero ora si ricomprende anche l’attività del direttore dell’esecuzione.

Le nuove Linee guida hanno inoltre introdotto nuove fattispecie contrattuali per le quali è consentito, in via eccezionale, il ricorso all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione per gli appalti di lavori. E ne ha altresì fornito le indicazioni operative in relazione alla valutazione delle prevalenza e all’adozione della determina a contrarre.

Nella Parte II, punto 5.1. e punto 5.2., si precisa infatti che tale eccezionalità si verifica in caso di affidamento a contraente generale, finanza di progetto, affidamento in concessione, partenariato pubblico privato, contratto di disponibilità, locazione finanziaria, opere di urbanizzazione a scomputo, ma anche quando l’elemento tecnologico o innovativo sia nettamente prevalente, ossia per le opere ove l’importo economico della componente tecnologica o innovativa sia preminente rispetto all’importo complessivo dei lavori.

Gli affidamenti

L’ANAC ha, poi, ritenuto di inserire, accanto alla rotazione degli inviti, anche quella degli affidamenti, in conformità alle modifiche apportate dal decreto correttivo all’art. 36, commi 1 e 7, nonché alle linee guida n. 4 come aggiornate con delibera 1 marzo 2018, n. 206 ed, infatti, nella parte IV (Affidamenti) al paragrafo 1.1 è precisato che “Gli incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori, di direzione dell’esecuzione, di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo di importo pari o superiore a 40.000 e inferiore a 100.000 euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, e secondo la procedura (negoziata senza bando) prevista dall’articolo 36, comma 2, lett. b) del codice; l’invito è rivolto ad almeno cinque soggetti, se sussistono in tale numero aspiranti idonei nel rispetto del criterio di rotazione degli inviti (art. 157, comma 2, codice) e degli affidamenti, secondo le modalità previste nelle Linee guida n. 4”.

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Polizza fideiussoria rimborso IVA

Polizza fideiussoria rimborso IVA

Qualora il contribuente fosse nella posizione di credito nei confronti dell’Amministrazione Pubblica, può richiedere ed ottenere il rimborso anticipato del proprio credito presentando in allegato all’apposita modulistica, una polizza fideiussoria per il rimborso dell’IVA.

Sottoscrivendo una fideiussione per il rimborso dell’IVA, un soggetto creditore può presentare la richiesta di compenso anticipato, a patto però che l’ammontare dell’IVA da rimborsare sia pari o superiore a 2582,28 euro, mentre l’ammontare massimo pattuito è di 516.456,90 euro.

Quando e come richiedere il rimborso dell’IVA

È ragionevole richiedere il rimborso dell’IVA qualora questo, in linea approssimativa, risultasse maggiore ai versamenti previsti per l’anno in essere.

La modulistica predisposta per la richiesta del rimborso IVA prevede, oltre la presentazione di una fideiussione per la riscossione del credito IVA, la compilazione del modello VX4 della dichiarazione annuale dell’IVA o il modello Unico 2013, a seconda della modalità di rimborso scelta.

Eventualmente, è possibile veicolare l’ammontare economico in eccesso verso il pagamento in altri tributi oppure computare in detrazioni il credito nell’anno successivo.

Un uomo e una donna in ufficio parlano della fideiussione per rimborso IVA.

Vincolo minimo per la domanda di rimborso IVA

Come già detto, il vincolo minimo per presentare la domanda di rimborso è di 2582,28, ma tale limite non è valevole nei seguenti casi:

  • cessazione di attività;
  • rimborso della minore eccedenza detraibile nel triennio.

Il costo del premio assicurativo per una polizza fideiussoria per il rimborso dell’IVA annuale è definito dall’ente erogatore e ha una durata triennale.

Gli enti predisposti

Gli enti predisposti sono i seguenti:

  • agenzia assicurativa;
  • istituto di credito con certificazione rilasciata dall’amministrazione finanziaria.

È bene ricordare che i contribuenti che richiedono rimborsi inferiori a 5164,57 euro sono esentati dal presentare tale garanzia.

Testo fideiussione

Testo fideiussione

Con il termine fideiussione bancaria si intende un’accordo che la Banca stipula con un soggetto privato, un’azienda o un proprietario, definito beneficiario, a favore di un suo cliente.

In questa forma di contratto la Banca dunque funge da garante e prende il nome di soggetto fideiussore, dunque garantisce la fideiussione, e appone la sua firma per siglare l’accordo economico tra le due parti.

Il rapporto Cliente – Banca

Se è vero che il rapporto consueto Cliente-Banca subisce in questo caso uno stravolgimento in quanto non è più il cliente a garantire che potrà restituire i soldi chiesti in prestito, è altrettanto vero che la Banca, a sua volta, per poter firmare un contratto a garanzia del suo cliente, avrà bisogno di una formula scritta compilata e firmata.

Il cosiddetto testo di fideiussione infatti prevede che il cliente garantisca di poter restituire il denaro anticipato in garanzia dalla Banca, dunque verrà sempre e comunque tenuto sotto controllo il suo reddito e la sua situazione patrimoniale per fare in modo che il debito contratto venga saldato.

La firma di un documento su cui può esservi riportato il testo di una fideiussione.

Il testo di fideiussione bancaria

Il testo di fideiussione a prima richiesta è molto diffuso soprattutto in ambito internazionale in quanto rappresenta una formula “atipica” di contratto, diretta e funzionale rispetto ad altre formule previste dalla legge.

Il testo di fideiussione bancaria a prima richiesta non è regolamentato dalla legge ma è dichiarato legittimo in quanto volge a tutela degli interessi dei contraenti.

Garanzia diretta e indiretta

Si parla anche di garanzia diretta e indiretta: il testo di fideiussione in caso di garanzia diretta rende esplicito l’impegno della Banca a garantire un’eventuale inadempienza economica da parte del suo cliente nei confronti del beneficiario della fideiussione.

Invece quando si parla di garanzia indiretta ci si riferisce al fatto che sarà compito della legge attribuire alle banche locali la funzione di garanti, dunque la banca dell’ordinante la fideiussione non potrà più esserne garante diretto.

Legge di bilancio 2018: ecco come cambia il codice degli appalti

Legge di bilancio 2018: ecco come cambia il codice degli appalti
Un uomo in camicia bianca firma dei moduli.

Con l’arrivo del nuovo anno entra in vigore anche la Legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017 n.205). Tale provvedimento ha introdotto diverse modifiche nel corpo del Codice degli Appalti in seguito alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (G.U n.302 del 29 dicembre 2017 – Suppl. Ordinario n.62).

Per cercare di avere un quadro quanto più corretto e completo possibile, proviamo a riassumere gli aspetti preponderanti sui quali si dovrà fare riferimento in futuro.

Incentivo del 2% per i tecnici dipendenti della Pubblica Amministrazione

Gli incentivi per funzioni tecniche, riservati ai dipendenti della Pubblica Amministrazione, verranno riconosciuti anche per quanto riguarda gli appalti per servizi e forniture.

Secondo il Codice degli Appalti, infatti, le Amministrazioni aggiudicatrici potranno destinare ad un apposito fondo risorse finanziarie fino al 2% dell’importo dei lavori – posti a base di gara – per una serie di funzioni tecniche svolte dai dipendenti, tra cui programmazione della spesa per investimenti, valutazione preventiva dei progetti, esecuzione dei contratti pubblici, svolgimento della funzione del Responsabile Unico del Procedimento (RUP) o direzione dei lavori o direzione dell’esecuzione.

La Legge di Bilancio 2018 prevede che tale meccanismo venga esteso anche a servizi e forniture.

(Riferimento: aggiunta del comma 5-bis all’articolo 113 del codice dei contratti pubblici, decreto legislativo 18 aprile 2016 n.50)

Concessioni autostradali

Con l’intento di limitare gli affidamenti delle concessioni in-house (provvedimento in proprio per l’esecuzione di determinate prestazioni in ambito di gara pubblica attraverso società controllate dalla Pubblica Amministrazione), per le concessioni non affidate con la formula della finanza di progetto a lungo termine (project financing) o con gara pubblica aventi importo pari o superiore a 150.000 euro, viene imposto l’obbligo di affidare tramite gara l’80% del valore complessivo di lavori, servizi o forniture.

Gli affidamenti in-house vengono, dunque, ridotti al 20%, mentre nell’ambito delle concessioni autostradali la Legge di Bilancio 2018 reintroduce i precedenti limiti relativi al 60% – 40%, con possibilità di affidare alle società controllate il 40% dei lavori. L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) vigilerà su questi limiti attraverso apposite linee guida.

(Riferimento: modifiche ai comma 1 e 3 dell’articolo 177 del codice dei contratti pubblici, decreto legislativo 18 aprile 2016 n.50)

Immagine di una sottoscrizione con scritta "Legge di bilancio".

Pagamenti Pubblica Amministrazione

La Legge di Bilancio 2018 n.205 del 27 dicembre 2017, inoltre, interviene riducendo da 45 a 30 i giorni entro i quali fa rientrare i termini secondo cui le Amministrazioni devono emettere i certificati di pagamento riguardanti gli acconti del corrispettivo di appalto.

Il termine decorre a partire dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori, fatta eccezione per casi espressamente concordati dalle parti nonché previsti nella documentazione di gara o fattispecie gravemente inique per il creditore.

(Riferimento: sostituzione del comma 1 dell’articolo 113-bis del codice dei contratti, decreto legislativo 18 aprile 2016 n.50)

Efficientamento energetico

Per ridurre la spesa pubblica corrente e allo scopo di favorire importanti interventi di elevata qualità di efficientamento energetico, viene promossa entro il 31 dicembre 2022 la realizzazione di interventi di efficientamento e adeguamento energetico da parte degli enti locali in base alle normative vigenti in merito agli impianti di illuminazione pubblica di loro proprietà.

Ciò allo scopo di ottenere entro il 31 dicembre 2023 una considerevole riduzione dei consumi elettrici provenienti dall’illuminazione pubblica per almeno il 50% del consumo medio calcolato negli anni 2015 e 2016 e dei punti luce esistenti nello stesso periodo e non ancora sottoposti ad efficientamento o introduzione della tecnologia LED.

Non possono ottenere agevolazioni gli impianti già sottoposti a procedura di efficientamento energetico o di installazione di tecnologia LED.

Olimpiadi invernali a Cortina

Per una più celere realizzazione del progetto sportivo relativo alle finali di coppa del mondo e dei campionati mondiali di sci alpino previsti a Cortina d’Ampezzo, rispettivamente, nel marzo 2020 e nel febbraio 2021, sarà possibile ridurre i termini per la presentazione e l’esame delle offerte, così come ricorrere alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando.

Potranno essere applicate, dunque, delle deroghe al Codice Appalti per la semplificazione delle procedure di progettazione, realizzazione o adeguamenti degli impianti necessari per queste manifestazioni (impianti a fune, collegamenti viari tra impianti e piste per lo sci da discesa, opere relative alla riqualificazione dell’area turistica della provincia di Belluno).

Per consultare la Legge di Bilancio 2018 clicca qui.

DGUE elettronico: cosa cambia per le Pubbliche Amministrazioni Italiane?

DGUE elettronico: cosa cambia per le Pubbliche Amministrazioni Italiane?

Il 18 ottobre 2018 è il termine ultimo entro il quale aggiornare l’utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici per effettuare obbligatoriamente il passaggio al Documento di Gara Unico Europeo (DGUE) in formato elettronico (entrata in vigore dell’obbligo delle comunicazioni elettroniche; art.90, comma 2, del Codice dei contratti pubblici). In merito a tale direttiva, cosa cambia effettivamente per le Pubbliche Amministrazioni italiane?

L’articolo 22 della direttiva comunitaria 2014/24/EU sugli appalti pubblici (“Regole applicabili alle comunicazioni”) rende obbligatorio l’abbandono della modalità di comunicazione cartacea tra stazioni appaltanti e imprese in tutta la fase di gara. La portata di una simile innovazione rende indispensabile l’utilizzo del mezzi elettronici di comunicazione in quanto strumenti imprescindibili per accrescere l’efficacia e la trasparenza delle procedure d’appalto.

Uomini eleganti firmano documenti,  Un tablet. Cosa cambia con il dgue elettronico per le PA?

La direttiva comunitaria 2014/24/EU

Nello specifico, il Comma 1 della direttiva comunitaria fissa l’obbligatorietà per tutti gli Stati membri di prendere specifici provvedimenti “affinché tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni di cui alla presente direttiva, in particolare la trasmissione in via elettronica, siano eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici in conformità con quanto disposto dal presente articolo […]“.

Il Comma 3 della direttiva, invece, precisa che in tutte le comunicazioni, l’archiviazione e gli scambi di informazioni, le amministrazioni devono garantire il mantenimento dell’integrità dei dati e la riservatezza sia delle offerte che delle domande di partecipazione.

Importante è anche quanto espresso, però, dal Considerando 52, secondo il quale “i mezzi elettronici di informazione e comunicazione possono semplificare notevolmente la pubblicazione degli appalti e accrescere l’efficacia e la trasparenza delle procedure di appalto. Dovrebbero diventare la norma per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel corso delle procedure di appalto in quanto aumentano enormemente le possibilità degli operatori economici di partecipare a procedure d’appalto nell’ambito del mercato interno. A tal fine, è opportuno introdurre l’obbligo di trasmissione di bandi e avvisi per via elettronica e l’obbligo di rendere disponibili in forma elettronica i documenti di gara nonché, trascorso un periodo di transizione di trenta mesi, l’obbligo della comunicazione integralmente elettronica, ossia la comunicazione tramite strumenti elettronici, in tutte le fasi della procedura, compresa la trasmissione di richieste di partecipazione e, in particolare, la presentazione (trasmissione per via elettronica) delle offerte”.

Per una maggiore riservatezza e integrità dei dati

L’art.52 del D.Lgs. 50/2016, poi, ribadisce l’obbligo di utilizzo delle comunicazioni elettroniche nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione descrivendone le caratteristiche principali. Al Comma 5 è possibile riscontrare l’impossibilità di far rientrare l’invio mediante posta elettronica certificata tra le regolari comunicazioni per la fase di presentazione delle offerte. La presentazione tramite pec, infatti, non garantisce la riservatezza e l’apertura del contenuto successiva al termine di presentazione.

Stando a quanto si legge nel Comma 5, “in tutte le comunicazioni, gli scambi e l’archiviazione di informazioni, le stazioni appaltanti garantiscono che l’integrità dei dati e la riservatezza delle offerte e delle domande di partecipazione siano mantenute. Esse esaminano il contenuto delle offerte e delle domande di partecipazione soltanto dopo la scadenza del termine stabilito per la loro presentazione”.

Tuttavia, il Comma 1 dell’art.52 del D.Lgs. 50/2016 prevede alcune deroghe per l’obbligo di utilizzo delle comunicazioni elettroniche

  • se per via della natura specialistica dell’appalto, l’uso di mezzi di comunicazione elettronici richiede strumenti, dispositivi o formati di file specifici non disponibili o non gestiti dai programmi comunemente disponibili;
  • se i programmi capaci di gestire i file usano formati che non si possono gestire utilizzando altri programmi aperti o generalmente disponibili, quindi protetti da licenza di proprietà esclusiva;
  • se l’uso dei mezzi di comunicazione elettronici richiede attrezzature specializzate per ufficio che non sono comunemente disponibili alle stazioni appaltanti;
  • se i documenti di gara richiedono la presentazione di un modello fisico o in scala ridotta che non può essere trasmesso elettronicamente;
  • se si rende necessario utilizzare mezzi diversi da quelli elettronici a causa di una violazione della loro sicurezza; la protezione delle informazioni sensibili, in questi casi, può richiedere un livello talmente alto di sicurezza da non poter essere garantito dagli strumenti elettronici.

In tutti questi casi, le stazioni appaltanti devono indicare in una relazione unica i motivi per cui l’utilizzo di mezzi di comunicazione diversi da quelli elettronici sono stati ritenuti necessari.

Cosa succede nelle pubbliche amministrazioni

Negli ultimi anni le Pubbliche Amministrazioni hanno fatto largamente uso del Mercato Elettronico per un valore degli acquisti cresciuto da 360 milioni di euro (2012) a 3,1 miliardi di euro (2017) per circa 600.000 transazioni. Sembra superato, dunque, l’impatto psicologico scaturito dal cambio di gestione delle comunicazioni nel passaggio a sistemi elettronici. Specialmente nel campo delle piccole e medie imprese, si è ormai abituati a negoziare con le Pubbliche Amministrazioni esclusivamente tramite mezzi telematici di acquisto.

La maggior parte dei soggetti aggregatori, inoltre, ha già in dotazione o sta per disporre di una piattaforma telematica di e-procurement, specialmente per le iniziative legate alle categorie merceologiche di beni e servizi quali spesa sanitaria e spesa comune con estensione graduale ad altri settori (di cui al DPCM 24 dicembre 2015). In più, diversi soggetti aggregatori mettono la propria piattaforma telematica di negoziazione a disposizione per gli Enti territoriali gratuitamente o attraverso una specifica convenzione.

In questo contesto, a partire dal 18 ottobre l’unico modo per garantire il rispetto dell’integrità dei dati e la riservatezza delle offerte nelle procedure di affidamento sarà quello relativo all’utilizzo delle piattaforme elettroniche di negoziazione. Per le procedure negoziate sotto-soglia comunitaria, viene già consentito alle stazioni appaltanti di gestire lo scambio di comunicazioni per via elettronica con i fornitori nel corso della procedura di affidamento. Le procedure ordinarie – assieme a ciò che non passa attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip o dal soggetto aggregatore di riferimento – obbligano, invece, le stazioni appaltanti non dotate di sistema e-procurement ad effettuare una scelta tra il dotarsi di una propria piatta forma di e-procurement e delegare la gara ad una Centrale di Committenza Qualificata o altro soggetto aggregatore di riferimento.

Postuma decennale

Postuma decennale

La polizza decennale postuma, conosciuta anche come garanzia decennale postuma, è un contratto assicurativo ideato per il costruttore di immobili ancora in fase di costruzione, al fine di tutelare il futuro l’acquirente da possibili danni materiali subiti dall’immobile, danni verso terzi, danni causati dalla rovina totale o parziale della costruzione stessa o in caso di gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, e manifestatisi successivamente alla vendita dell’immobile.

Le “Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire” contenute nell’art 4 del decreto legislativo n. 122 del 20 giugno 2005, dispone che tale cauzione debba intendersi come obbligatoria e pertanto, il costruttore è tenuto a stipularla entro la data di ultimazione dei lavori.

Persone descrivono nei dettagli alcuni documenti, come quelli per ottenere una postuma decennale.

I soggetti principali della decennale postuma

I soggetti principali nella stipula della decennale postuma sono il contraente che si occupa della costruzione o della vendita dell’immobile, il beneficiario che andrà ad acquistare l’immobile e l’oggetto della polizza, ossia l’immobile in questione, che necessariamente deve essere ancora in fase di costruzione.

La decennale postuma per il costruttore è prevista ed obbligatoria solo per gli immobili di nuova costruzione e che dovranno essere venduti.

L’assicurazione postuma decennale può essere richiesta anche dai proprietari di immobili che richiedono una ristrutturazione. Questo caso però, non rientra nella fattispecie obbligatoria prevista dal codice civile.

La copertura assicurativa della suddetta polizza assicurativa è appunto decennale.

Quanto costa una polizza decennale postuma?

Il costo di una polizza decennale postuma è altamente variabile ma solitamente il premio oscilla con tassi variabili intorno allo 0,35-0,40% complessivo per tutta la durata decennale della garanzia base.

Costruttore e/o venditore è tenuto ad assorbire interamente il costo della garanzia.

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